AuroVenti Ensemble – Chiesa Collegiata di Castel San Giovanni (PC) Ore 21:00
Guido Andreolli – organo,  Jacopo Bigi – violino, Roberto Villani – tromba piccola e flicorno.


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Fantasiosità, opulenza, estrosità al limite della bizzarria, sono i tratti più evidenti dell’arte
del 1600, epoca di conflitti, di convivenze, di trasformazioni su scala europea. Anche la
musica ne è coinvolta e li manifesta dando vita a una serie di correnti e di scuole piuttosto
diversificate tra loro, ma con alcuni tratti in comune: l’interesse per le forme musicali e la
loro elaborazione; lo sviluppo impresso agli strumenti (violino e clavicembalo, ad esempio)
e, di conseguenza, alla musica loro destinata; la cura per gli effetti fonici e coloristici.
Da un lato si ascolta il tono solenne, grave, austero, dall’altro lo scintillante splendore del
canto, dall’altro ancora le logiche strutturali (che coinvolgono anche questioni armoniche)
alla base delle forme musicali, fortemente influenzate dalla retorica. La musica dunque è
integrata nella cultura barocca e appare tra i mezzi più efficaci per manifestarne le sfaccettature.
Le figure prescelte nel programma, inoltre, incarnano meglio di altri il cosmopolitismo
e la varietà di atteggiamenti di quella corrente stilistica. La produzione di Johann
Sebastian Bach riflette i vari incarichi assunti dal compositore nel corso di sessantacinque
anni di vita: dalle pagine organistiche, concentrate nel periodo di Weimar e Lipsia, a quelle
strumentali, per pochi o numerosi esecutori, ideate nel periodo di Köthen e in parte ancora
di Lipsia. Affascinato dalla possibilità di rivitalizzare e attualizzare, attraverso i procedimenti
musicali e le riflessioni estetiche del suo tempo, le forme del passato, Bach rappresenta
un paradigma di riferimento della musica barocca non tanto per le generazioni del
Settecento, che lo consideravano fuori moda e troppo immerso nell’imitazione degli affetti,
ma per quelle successive e sino alla nostra. Ben diversa è stata la considerazione di cui ha
goduto Georg Philipp Telemann, celebrato dai contemporanei come il più grande dei musicisti
tedeschi. Prolifico autore attivo quasi negli stessi luoghi di Bach, mette a frutto le
possibilità offerte dalle diverse combinazioni strumentali, pensando di destinare le sue
pagine sia a dilettanti che a competenti esecutori ai quali offrire una varietà di stili e di
atteggiamenti anche desunti dalla cultura popolare. Dall’area tedesca emerge anche Georg
Friedrich Händel che però all’età di ventisette anni si trasferisce definitivamente in Inghilterra
per assumere la direzione artistica di vari teatri londinesi, ottenendo nel 1726 la
cittadinanza inglese nonché riconoscimenti e apprezzamenti al limite dell’idolatria. Il suo
linguaggio è fortemente influenzato dalla musica che ebbe modo di ascoltare in Italia
durante il soggiorno giovanile, ma non mancano ascendenze dalla musica strumentale
francese, da quella sacra tedesca e anche da quella ascoltata per le strade di Londra, come
ebbe più volte occasione di affermare. Händel si è cioè avvalso, come Bach, di uno stile
cosmopolita ma, mentre questi guardava al passato per dare coesione alla sua opera,
adottando dunque un atteggiamento assolutamente inattuale – inserendo tuttavia nella sua
musica una perenne modernità al di fuori della collocazione storica -, Händel impiegava
procedimenti condivisi dalla contemporaneità, perfetta espressione di quei contrasti di
forme, timbri e colori caratteristici dell’arte barocca. L’ambiente italiano è rappresentato
da Evaristo Felice Dall’Abaco compositore e violinista nativo di Verona e attivo come
violoncellista alla corte di Monaco di Baviera. Esponente di primo piano del violinismo
tardobarocco, Dall’Abaco ha offerto un contributo particolare alla sonata che proprio in
lui, dopo Corelli, ha potuto raggiungere una perfetta coerenza e organicità di struttura. Nel
programma, giusto per confermare l’eterogeneità degli atteggiamenti del XVII secolo, si
alternano brani originali, scritti specificamente per l’organico indicato (quali la monumentale
Toccata e Fuga in re minore o la Gavotte en rondeau di Bach, i due brani di Telemann
e quello di Dall’Abaco), e brani adattati agli strumenti dell’ensemble secondo il loro carattere,
la tessitura e la qualità espressiva.
Mariateresa Dellaborra